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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/147

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gegni più ancora che le cose per essi prodotte. A taluni l’infelice bisogno di trovar nuovo mondo fu cagione dell’affogare, ma a questi Curzii dell’umano sapere non daremo, se non altro, la nostra compassione? O ci affolleremo, stolidamente ingrati, a bestemmiare la loro memoria sull’orlo di quella fossa che da essi ci fu otturata col lanciarvisi dentro animosamente, mentre non avremmo osato appressarla quand’era aperta e mandava fumo e romore? E que’ miseri, o splendidi ingegni, che sia meglio chiamarli, perdonino ai loro simili la non curanza in cui gli lasciano lungamente, e pensino che ad essere veduto nelle naturali sembianze bisogna ridursi dal monte alla pianura dove abitano gli altri uomini, e che l’esser veduto con proporzioni fuori dell’ordinario è più facile che ingeneri maraviglia o sbigottimento, che amore.

V.

GLI ANONIMI.

Anonimi e maschere sono tutt’uno, a mio credere. Sicuramente, dirà il lettore; e non ci vuole molta fatica a provarlo, è cosa che si può fare da chicchessia. Accade però alcuna volta chic di molte sentenze s’intenda complessivamente la verità, rimanendo tuttavia campo, a chi ne abbia voglia, di farvi sopra alquanto comento. Que-