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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/153

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acquisto di un bene, che infrenabile insorge la brama di un altro, e così all’infinito, se infinite pur fossero le nostre vite. Ma a quel desiderio, che sarebbe, come s’è detto, giustificato per qualche modo dalla incontentabilità della nostra natura, si aggiugne una stravagante certezza del merito proprio, che somministra materia a non facile discussione. Niccolò Macchiavelli lasciò irrepugnabile testimonianza della propria miseria su questo conto, in una lettera a Lodovico Alamanni, nella quale egli, insigne scrittore di politica e di storia, si doleva di essere stato dimenticato dall’Ariosto nella rassegna che questi fece dei poeti allora viventi nell’ultimo canto del Furioso; ciò che io non farò, soggiugneva, rispetto a lui nel mio Asino. E mostrava con ciò di presumere che l’Asino e il Furioso fossero presso a poco tutt’uno, rispetto almeno all’onore che doveva venirne a chi fosse in quell’opere ricordato. Quanti non sono, i quali, mancando loro la franchezza del Macchiavelli, o l’opportunità della lettera scritta all’amico, movono nel secreto dell’animo sottosopra lo stesso lamento? Ora, posto il fatto, sono da vedere le ragioni.

Un amico, di cui mi rinnovo spessissimo la conversazione, benchè solo e lontano, tra me e me ruminando le cose che da esso mi vennero dette, udendomi un giorno discorrere su questo argomento, e interrogarnelo del suo parere, ricordomi che mi rispondeva essere il desiderio