Vai al contenuto

Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/159

Da Wikisource.

155

ti, che fuori gli studii da essi praticati, o che hauno con quelli una qualche relazione, mostrano tenere per vana ogni prova d’ingegno. Quest’è, a mio credere, errore assai più deplarabile di quello che diede finora materia alle nostre ciance. Sarebbe questo ancor esso un inganno dell’amor proprio, che, cangiando tempera a seconda dell’animo al quale si apprende, ove si palesa per una risibile stima di sè, ove per un risibile disprezzo degli altri?

VII.

I TITANI.

I.

Titani si chiamano con molto appropriato vocabolo quei letterati, ai quali accade niente meno che di ammassar le montagne, per farne scala all’Olimpo ove sperano di poggiare. La favola antichissima dei figli della terra, congiorati a rivendicarsi il dominio della dimora celeste, racchiude un senso molto profondo, e può essere riferita a diverse età e condizioni della razza umana, sempre agognante e sempre infelice. Ma prendendo la cosa dal solo lato degli studii, e cominciando a considerarla storicamente, può dirsi che questi Titani non mancarono mai. Gli ebbero le scienze non meno delle arti, i secoli