Vai al contenuto

Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/167

Da Wikisource.

163

il suo ingegno sia nulla, la probità sua dev’esser tutto. Interroga sè medesimo con severità e ponderazione intorno la filosofica importanza del suo lavoro, dacchè sente la propria responsabilità, e non vorrebbe che quella moltitudine gli avesse un giorno a domandare ragione degl’insegnamenti da lui ricevuti. Il poeta ha esso pure affidate delle anime. L’uditorio non deve uscir del teatro senza portare con sè una qualche massima di morale austera e profonda. Però si conforta, coll’aiuto celeste, di non svolgere altro mai sulla scena, salvo cose piene d’ammaestramenti e di consigli. Introdurrà volentieri il cataletto nella sala de’ conviti, la preghiera dei trapassati fra i ritornelli della dissipazione, la cappa da lato alla maschera. Lascierà alcuna volta il carnovale sventato cantare a piena gola sovra il proscenio, ma si farà ad intuonargli dal fondo della scena memento. Sa benissimo che l’arte sola, l’arte pura, l’arte propriamente detta, non domanda tutto questo al poeta; ma pensa che, nel teatro singolarmente, non basti obbedire alle semplici condizioni dell’arte.«

Non staremo a discutere la convenienza di questi principii; certo il poeta che sapesse rispettarli nella loro rigorosa interezza ricondurebbe l’arte all’antica sua dignità, e per poco non scambierebbe l’ufficio coi banditori evangelici. Una sola osservazione mi permetterò di