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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/181

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Siete a discorso con Demetrio. È desso uno di quegli uomini che possono dirsi:

          Più vani del midollo delle canne;

come dunque, domandate, tante citazioni in sua bocca, tanta prontezza nell’alludere ad una o altra cosa, non farsi mai nuovo a nessuna interrogazione, e dove altri rimarrebbe ammirato, egli non può che sorridere, dicendo fra sè stesso: già s’intende? Appunto perciò dovete porvi in agguato e coglierlo ad un involontario moto di ciglia, o rincrespamento di fronte, quando gli nominate alcun che non compreso ne’ suoi registri. Similmente lasciate che la stemperata affezione di Calisto pe’ suoi simili dilaghi in mille parole, badate a quell’aria non curante con cui porge ascolto al racconto che gli fate dei guai di persona che non ha nulla che fare con esso, o a cui non può estendere la sovrabbondanza delle sue pietose declamazioni. Non crediate che queste siano regole generali, molte volte conviene camminare per via affatto opposta, e quanto ho detto finora altro non è che una filza di richiami a starsene sull’avviso.

Veggiamo frequentemente i dipintori adoperare alcune arti per mettere i riguardanti in cognizione de’ luoghi, de’ tempi, o della condizione delle persone rappresentate. Ad un Paride mollemente seduto da canto ad Elena si lascia in-