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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/193

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essa indirizzare la propria parola. Ma chi si attenesse ad una tal regola troppo scrupolosamente non potrebbe cadere in un altro difetto, quello cioè di non farsi udire da’ suoi contemporanei? E sono queste per verità le due pecche onde possono variamente accagionarsi gli scrittori. Altri, sempre occupati del mondo o passato o avvenire, fanno le viste di non aver ad amici che i morti, nè conversare che con le anime dei futuri; altri, parlando sempre in fiato e all’orecchio delle persone del loro tempo, e tirandole, come a dire, pel collare, si ristringono loro addosso, e mostrano uno strano spavento di essere uditi più là che non sono le persone stesse. Eppure questi cotali hanno almeno una intenzione determinata, e, lodevole o no ch’esso sia, ottengono il loro intento. Possono rassomigliarsi a que’ pittori che dipingono sulla tavola, e mettono quindi a cuocere nei forui i proprii dipinti col fine di dar loro alcuna apparente qualità d’antico, che li faccia valere un gran prezzo nel giudizio degl’inesperti. Ma che diremo di quelli, i quali, volendo parlare ad un tempo, fanno per modo come volessero essere uditi da un altro? Di che ne nasce il più delle volte che non sono uditi da alcuno. Tutte queste considerazioni ne invogliarono a scrivere qualche cosa sopra i posteri ei contemporanei riguardo agli scrittori.

E prima di tutto, lo scrittore deve proporsi