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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/198

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chi volesse sciorinare una diceria su questo proposito correrebbe rischio di provocare non pochi sbadigli. Tutto il contrario mi accadde di udire, giorni sono, da un mio amico, scrittore mediocre per verità, ma buona pasta d’uomo, e di quelli che hanno, come suol dirsi, il cuore sulle labbra. Venne egli a trovarmi, come usa tratto tratto, e i nostri discorsi senza più si avviarono sopra cose di letteratura. Tutti i mestieri hanno i loro secreti, e anche le lettere i loro, nè più nè meno degli altri; e chi credesse che le lettere non fossero un mestiere si terrebbe in tale opinione appunto per non aver conoscenza di que’ misteri.

Passando da cosa a cosa, l’amico mio venne a dirmi sapete con chi ho un obbligo grandissimo per quella poca di riputazione che mi veggo accordata in letteratura da coloro che non sono de’ più schizzinosi? — E con chi mai? soggiunsi io. — Colla censura. — Vorreste dirmi in qual modo? — Ecco qui: — di molte cose che non fo, e che non saprei fare, ne incolpo bravamente i limiti imposti all’ingegno degli scrittori dai censori; e quand’anche non mi affannassi a metter fuori questa ragione, c’è chi si prende in mia vece questa fatica, dicendo: oh le belle cose che detterebbe vossignoria, se non fosse la censura! E qui fuori una filza d’opere, a cui non mi basterebbe certamente l’ingegno, e a cui non ebbi in me pelo che