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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/200

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gionarmi sulle prime un poco di maraviglia; ma com’egli più continuava a parlare, ed io più sempre cessava di maravigliarmi. Quanti non sono per verità quelli, che, senza avere la sincerità dell’amico mio nel confessare siffatti vantaggi derivati agli scrittori industriosi dall’opinione che si ha in generale della censura, si studiano al pari di lui di gabbare il prossimo, affinchè sia fatto di loro quel capitale che non si meritano! Che va egli lamentando Filinto il destino degli scrittori di non poter scrivere quel di peggio che loro salta in capo? Filinto che non saprebbe cucire insieme un periodo senza che il buon senso gridasse aiuto, e la grammatica misericordia! Io non posso salvo che ridere quando da certi tali mi si vogliono mostrare di soppiatto certi loro imbratti con dire: qui, vedete, c’era il tale, o tal altro periodo; ma dovetti cancellarlo a cagione della censura. E perchè, ripeto fra me stesso, perchè mai la cenrura fu si indulgente pel resto! Oh se mi avessero, grida Demetrio, lasciato il verso com’era da prima! Caro il mio Demetrio, ci sarebbe stato un’impertinenza o una sciocchezza di più nella vostra insipida e petulante poesia.

Ma, e voi, dissi all’amico, che avete la generosità di confessare queste grame arti di venire in fama, perchè non ve ne guardate? Perchè non dite francamente a chi vi tiene que’ siffatti discorsi signori, quand’anche non ci avesse la