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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/203

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cenzo Monti, sottoscritto Azario e stampato or ora a Parigi.

Da quest’articolo, che traduco quasi alla lettera con qualche mia breve parentesi, s’impara che il Monti soltanto dopo esser diventato segretario in casa Braschi si diede tutto allo studio del Dante: che, invasato dalla smania di primeggiare, attaccò l’Alfieri, venuto a Roma in quel tempo; e non avendo potuto riuscire in questa prova, stampò il Gracco e l’Aristodemo per costituirsegli rivale. (In qual altro modo era egli dunque a principio venuto alle prese coll’Astigiano?) I versi di queste tragedie sono appassionati, vibrati, sforzano l’anima, qualche luogo tiene pure del sublime, ma il tribuno del Monti non è l’arbitro del foro: Monti, senza fede e senza credenza, non poteva dipingere l’uomo reso forte dal proprio convincimento. Nell’Aristodemo ritraeva un personaggio meglio a lui confacente; anima perplessa e stimolata da perpetui rimorsi. Merita però considerazione in quelle tragedie lo scostamento dall’antico rigore, quasi s’indovinassero le novità che più tardi introdusse nel teatro il Manzoni. L’assassinio di Basville venne a mostrarlo veramente poeta. Nella cantica che ne compose spiegò tutta intera la potenza del suo genio; c iu essa soltanto è forza confessare aver Monti sentito che nulla vi ha di tanto morale quanto la fede. Non ci sono creazioni, ma versi da competere coi´