gl’Italiani nessuno ne tenne in mano la chiave, e la volse più a tempo dell’Allighieri. Forse alcuni rideranno a quanto sono per dire, ma non mancheranno discreti a prendere la frase nel significato che si conviene; una poesia veramente e perfettamente armonica potrebbe essere intesa nella sua espressione più generale anche da chi non avesse cognizione della lingua in cui fu dettata. Tutte le lingue, nate in qualsivoglia contrada, e cresciute per qualsivoglia concorso di avvenimenti, serbano in sè un’originaria armonia che rivela i bisogni principali della nazione che prese a parlarle e questa armonia appunto si sente, meglio che ne’ posteriori, in quelli che poetarono a principio, e concorre, non meno della scarsità e indeterminatezza delle frasi e delle parole, ad infondere nelle primitive canzoni di un popolo quella ingenuità ed efficacia, ch’è impossibile ad essere ritratta successivamente. Quest’armonia è appunto come il riso e le lagrime, linguaggio accordato a tutti gli uomini per significare sotto ogni punto di cielo le proprie necessità e le affezioni della propria anima, e fratellevolmente soccorrersi. Notate all’incontro i sorrisi e i piagnistei pattuiti tra coloro, che, immaginandosi aver tutta incettata essi soli la gentilezza, restrinsero siffattamente il cerchio sociale da non potervi più essere contenuta la verità, che ama spaziare liberamente e non soffre altri vincoli che da sè stessa.