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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/58

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meno assettata. Non che la non ci possa essere auche quivi: ma egli trovarla? Egli? Perchè non dice piuttosto: quanto a me, non so nemmeno io ciò che mi voglia, ma quello che mi voglio intendo che debba essere ad ogni modo la volontà di tutti. Gli si riderebbe in faccia, e quindi viene a dire lo stesso con altre parole, e abusa il sacro vocabolo d’inspirazione, a quella guisa che la signorina l’altro di metafisica.

Ho accennati sinora due soli di questi modi di dire adoprati negli ordinarii discorsi, ed opportunissimi, come s’è detto, a nascondere l’ignoranza sotto pompose apparenze: pure questi due soli da me finora notati possono essere misura a ben giudicare di molti altri. Cosa che fa o non fa effetto, uomo che ha o non ha mondo, e altre tali sono tutte frasi della stampa medesima delle surriferite. Abbiamo in un altro articolo toccata la ridicolosità di quelle maniere usate si spesso; parla come un libro stampato, canta che sembra un organetto, e via discorrendo; entrano anche queste nella universale categoria delle frasi adoperate da chi non sa nè pensare, nè scrivere, nè parlare a dovere, e si ravvolge nella nebbia di voci di perplessa significazione, come i numi di Omero, a cansare le punte della critica saettatrice. Se vogliono questi signori continuare nel loro costume di mandar fuori la voce, senza badar più che tanto, facciano almeno grazia alla buona memoria di quel