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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/92

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lidoro, tagliando a mezzo la parola al giovane quistionatore, che gli era amicissimo e con cui poteva fare a fidanza, che moderno! proruppe, dite decrepito: la poesia moderna è una vecchierella che trae da una rocca tarlata le sue canzoni, bagnando a quando a quando il filo con un labbro freddo e cadente, nè più nè meno di quel delle Parche (con vostra sopportazione); e non delle Parche che facevano girare il fuso cantando l’inno de’ matrimonii.

Tutti piantarono in viso a Polidoro quel paio d’occhi che si fanno comunemente all’udire cosa strana; ma egli imperterrito proseguiva, e le cose ch’egli diceva, tra da burla e da senno, da me raccolte, che le ascoltai attentamente, mi daranno bastante soggetto al presente articolo.

Come volete che possa chiamarsi altro che decrepita (sempre Polidoro, l’amico de’ paradossi) la nostra poesia? Esaminatela, per quanto vi basta l’ingegno, ne’ soggetti in cui si compiace di preferenza, proseguite l’esame del modo onde gli tratta, e dovrete conchiudere che c’è da per tutto odore di muffa, e indizio di tarlatura. Avete mai veduto che i giovani si dilettino a preferenza di cronache e di leggende? Queste sono cose da fanciulli, e da vecchi, i quali col volgere degli anni rientrano ne’ gusti infantili. La più parte delle narrazioni poetiche dei nostri giorni, e comprendete in questo numero anche quelle che fannosi in prosa, si fondano sopra tradizioni