44 Disse Rinaldo: Non temer, Dodone,
Se fussi ben la Morte o il Trentamila15;
Lascial venire a me questo ghiottone,
Ch’a maggior tela ho stracciate le fila16.
Intanto quella bestia alza il bastone,
E inverso di Rinaldo si difila:
Rinaldo punse Baiardo in su’ fianchi,
Acciò che ’l suo disegno a colui manchi.
45 Dallato si scagliò come un cervietto,
Giunse la mazza, e dette il colpo in fallo;
Rinaldo intanto si messe in assetto,
Corsegli addosso presto col cavallo:
Dettegli un urto, e colselo nel petto,
Per modo che sozzopra fe cascallo;
E nel cader quest’animale strano
Forte abbaiava com’un cane alano.
46 Dodon, che vide quel diavol cadere,
Diceva a Ulivier: Corriangli addosso,
Acciò che non si levi da giacere.
Disse Rinaldo: Ignun non si sia mosso17;
Tirati a drieto, e statevi a vedere,
Ch’io non sono uso mai d’esser riscosso.
In questo l’uom salvatico si rizza
Col sorbo, pien di furore e di stizza.
47 E scaricava un colpo in sulla testa,
Per modo tal che, se giugnea Rinaldo,
E’ gli bastava solamente questa,
E non sentia mai più freddo nè caldo.
Rinaldo non aspetta la richiesta,
Chè com’argento vivo18 stava saldo;
Or qua or là facea saltar Baiardo,
Avendo sempre al protino riguardo.
48 Pareva un lioncin, quand’egli scherza,
Che salta in qua e in là destro e leggieri;
Alcuna volta menava la sferza,
Poi risaltava che pare un levrieri.
Era già l’ora passata di terza,
E pur Dodon dicea con Ulivieri:
Io temo sol Rinaldo non si stracchi,
Tanto ch’un tratto quel baston l’ammacchi.