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174 il morgante maggiore.

68 Orlando disse: E’ non è cosa gnuna
     Ch’io ti negassi, Faburro possente.
     Allor Faburro sua gente raguna;
     E poi ch’egli ebbe assettata la gente,
     Volle portar per insegna una luna
     Sur una sopravvesta riccamente
     Di seta bianca lavorata e d’oro,
     Sì che due corna pareva d’un toro.

69 Or lasceremo il popol saracino,
     Il qual di Danismarche già s’è mosso,
     E ritorniamo al figliuol di Pipino,
     Che piange, e dice fra sè: più non posso;
     Non c’è Rinaldo, non c’è il suo cugino,
     E tutto il mondo qua mi viene addosso;
     Non gli conobbi mentre erano in corte,
     Or me n’avveggo, e dolgomene a morte.

70 Gan traditor lo riguardava fiso,
     E con parole fitte il confortava,
     E simulava uno sforzato riso:
     O Carlo, troppo di questo mi grava,
     Perchè pur bagni di lacrime il viso?
     E trentamila de’ suoi ragunava,
     E disse: Io voglio andare, il traditore,
     a Montalban con questi, imperadore.

71 E tutti a Carlo gli menava avante;
     E fece suo capitano il Magagna,
     Dicendo: Io voglio assalir lo ammirante
     Con questa compagnia, ch’è tanto magna
     E so che noi piglieren Lionfante;
     Io lo farò dar, Carlo, nella ragna:27
     E seppe tanto acconciar ben l’orpello,28
     Che Carlo si togliea per oro quello.

72 A Montalban n’andò con questo inganno,
     E si pensò pigliarlo a salvamento:
     E tutti all’amirante se ne vanno,
     E disse: Io ti darò per tradimento
     La terra e’ tuoi nimici che vi stanno,
     E metterotti questa notte drento;
     Ma Lionfante era uom troppo da bene,
     E fece quel ch’a’ suoi par si conviene.