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canto decimo. 189

34 La lancia in aria n’andò in mille pezzi;
     Disse la dama: Ah, cavalier codardo,
     A questo modo la tua fama sprezzi?
     Questa non è usanza d’uom gagliardo,
     Ch’a ferir con la lancia alcun t’avvezzi
     Che sia col brando; e tu non v’hai riguardo:
     Volgiti a me, poi che tu m’hai percossa,
     Vedrai che dell’arcion non mi son mossa.

35 Ebbe vergogna Salincorno allora,
     E ritornava in drieto a fare scusa,
     Dicendo: Io non ave’ veduto ancora,
     Se tu t’avevi lancia o soda o busa.15
     Meridiana a quel sanza dimora
     Rispose: In Danismarche così s’usa?
     Così fanno i baron d’Erminione?
     Tu debbi esser per certo un gran poltrone.

36 Ma non si fa così di Carlo in corte,
     Dove fiorisce ogni gentil costume;
     Vedrem se tu sarai cavalier forte,
     E s’altra volta poi vedrai me’ lume:
     Prendi la spada, io ti disfido a morte,
     E farotti assaggiar d’un altro agrume.16
     Salincorno la spada trasse fore,
     Per acquistar, se poteva, il suo onore.

37 Poi che più colpi insieme si donorno,
     Nè l’un nè l'altro guadagna niente;17
     Un tratto volle ferir Salincorno
     La gentil donna, e dette al suo corrente;17a
     E molto biasimato fu dintorno,
     Chè gli spiccava il capo del serpente,
     E ritrovossi in sull’erba la dama:
     Or questo è quel che gli tolse ogni fama.

38 Morgante volle il battaglio menare,
     Per ischiacciar la testa a quel Pagano;
     Meridiana gridava: Non fare;
     Vendetta ne farò colla mia mano.
     Salincorno s’aveva a disperare,
     E duolsi molto di quel caso strano;
     I Saracin ferno a Morgante cerchio,
     Tanto ch’al fin saranno di soperchio.