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canto decimo. 195

64 Rinaldo disse: A ciò contento sono,
     E poi voltava in un tratto Baiardo,
     E dice: Se mai fusti ardito e buono,
     A questa volta fa che sia gagliardo.
     Poi si rivolse che pareva un tuono;
     Nè anche Erminion parve codardo;
     E quando insieme s’ebbono a colpire,
     Parve la terra si volessi aprire.

65 Erminion colla lancia percosse
     Sopra lo scudo il franco paladino;
     L’aste si ruppe, e d’arcion non lo mosse;
     Ma ’l pro’ Rinaldo giunse al Saracino
     D’un colpo tal, che, benchè forte fosse,
     Si ritrovò in sull’erba a capo chino,
     E disse: O Dio, che reggi sole e luna,
     Può far ch’io sia caduto la fortuna?

66 Egli è pur ver quel che si dice al mondo,
     Che questo è il fior de’ cavalier nomati!
     Rizzossi, e disse: Paladin giocondo,
     Or son puniti tutti i miei peccati,
     E come dianzi più non ti rispondo,
     D’avere i miei congiunti vendicati;
     Io ho perduto ogni cosa in un punto;
     D’ogni mia gloria e fama il fine è giunto.

67 Or sarà vendicato il mio parente,
     Or sarà vendicato Fieramonte,
     E Salincorno, e tutta l’altra gente:
     Però chi fa vendetta con sue onte,
     Al mio parere, è matto veramente,
     E spesso avvien che si batte la fronte:
     Or pel consiglio di dama Clemenzia
     Del suo peccato ho fatto penitenzia.

68 Chè chi governa per consiglio il regno
     Di femmina, non può durar per certo,
     Ch’e’ lor pensier non van diritti al segno;
     Qual maraviglia s’io ne son diserto?
     Or si cognosce il mio bestial disegno;
     Ogni cosa ci mostra il fine aperto:
     Così convien che spesso poi si rida,
     Di quel che troppo a fortuna si fida.