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252 il morgante maggiore.

28 E disse fra suo core: l’ho mal fatto,
     Ecco di nuovo il popol sollevato;
     E fuor della città si fuggì ratto:
     Rinaldo drento in Parigi era entrato,
     E grida: Popolazzo vile e matto,
     Com’hai tu tanto oltraggio comportato?
     A sacco, a fuoco, alla morte, a furore,
     E misse tutto Parigi a romore;

29 E cominciò in un certo borgo il fuoco
     Appiccare, e rubar botteghe e case,
     Tanto che a’ Parigin non parea giuoco;
     Non si facea qui le misure rase:
     Così il furor cresceva a poco a poco,
     Tanto che pochi drento vi rimase,
     Sentendo al fuoco gridare, e alla morte:
     E per paura uscien fuor delle porte.

30 Non vi rimase un Maganzese solo,
     Che non fuggissi per la via più piana,
     E molto pianto si sentiva e duolo;
     Ma la reina presto Gallerana
     Si misse in mezzo di tutto lo stuolo,
     E come savia, benigna ed umana,
     Pregò Rinaldo che fussi contento
     Che ’l fuoco almen dovessi essere spento.

31 Rinaldo aveva sentito ogni cosa,
     Ciò che per Ricciardetto fatto aveva
     L’alta reina, degna e gloriosa;
     Subito un bando per tutto metteva,
     Che, poi che piace alla donna famosa,
     Ognun si posi; e ’l fuoco si spegneva:
     Prese la terra quel giorno a suo agio,
     E Gallerana lo menò al palagio.

32 E fu quel dì Rinaldo incoronato,
     Chè contradir non gli potè persona:
     E nella sedia di Carlo è posato,
     E messogli poi in testa la corona,
     E d’una vesta regale addobbato;
     E di sua forza ognun quivi ragiona,
     Perchè egli aveva quel dì fatte cose,
     Ch’a tutto il popol fur maravigliose.