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canto decimoterzo. 269

18 Questo è perch’egli uccise Marcovaldo;
     Onde il Soldano aveva un negromante,
     E che Cristian quel fussi intese saldo,
     Che l’avea morto; e fe’ con l’Amostante
     La pace, e’ patti il traditor ribaldo
     Che fussi preso il buon signor d’Angrante.
     La notte tutt’a due fumo legati,
     E in un fondo di torre incarcerati.

19 Orlando s’accomanda a Carlo Magno,
     A te, Rinaldo, o ver santa corona,
     Al suo cognato, all’amico, al compagno,
     Prima che così perda la persona:
     Vedi che di sudor tutto mi bagno;
     Volato son, non come fa chi sprona,
     Tanto ch’i’ son, come tu vedi, giunto;
     Or tu se’ savio, e ’ntendi il caso appunto.

20 Alla sua vita tanto afflitto e gramo
     Non fu Rinaldo quanto a questa volta,
     E disse sospirando: Che di’, Namo?
     Ch’i’ ho già per dolor la mente stolta.
     Quel savio vecchio disse: Noi intendiamo,
     S’i’ ho questa imbasciata ben raccolta,
     Ch’aiutar ci bisogna Orlando presto;
     Or ti dirò com’io farei di questo.

21 Ogni altro aiuto, che lo ’mperadore
     Ed Ulivieri, al fin sarebbe vano,
     Perchè qui è la forza e ’l grande amore.
     Direi che si mandassi a Carlo Mano,
     E che ritorni all’usato signore
     Per la salute del popol cristiano:
     E ciò che tu vorrai contento fia,
     E voi n’andiate presto in Pagania.

22 Astolfo sia gonfaloniere eletto,
     Chè so che Carlo fia contento a quello,
     Per quel c’ha fatto a lui e a Ricciardetto,
     Gan sia sbandito all’usato e ribello.
     Rinaldo, appena aveva Namo detto,
     Che disse: Così posto sia il suggello.
     Così da’ paladin fu posto in sodo;
     E scrisse un brieve a Carlo in questo modo.


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