52 Lascia questo pensier sì stolto e vano,
Comincia a rassettar la tua armadura,
Chè questo nostro Cristo e partigiano
Non so come comporta tua natura;
Vedi ch’addosso ci viene il Soldano;
E se tu abbatti Antea per tua ventura,
Che questo regno e tutte sue contrade
Sicuro abbiam, sanza operar più spade.
53 Quando Rinaldo si vide scoperto,
E non potè celar quel ch’è palese,
Rispose sospirando: Io veggo certo
Che queste al nostro Dio son grave offese,
E molta punizion, come di’, merto;
Ma se quel Giove Dio non si difese
Da questo amor, nè ’l bellicoso Marte,
Che val qui la mia forza, o ingegno o arte?
54 Io voglio al campo andar, ch’io l’ho promesso,
E porterò la lancia e ’l brando cinto,
Ma come potre’ io ferir me stesso,
O vincer mai colei che m’ha già vinto?
Io ho la mente cieca, io tel confesso,
Ed anco il mio signor cieco è dipinto,
E guida a questa volta il cieco l’orbo:
Dunque tu bussi a formica di sorbo.8
55 Io non posso voler, perch’io non voglio;
Lasciar costei, dunque io non voglio o posso;
Io non son più il cugin tuo, com’io soglio,
Però che questo è mal che sta nell’osso;
E s’io sapessi gittar questo scoglio,
Sarebbe Salamon suto un uom grosso,
Aristotile, e Socrate, e Platone:
Dunque, fratel, non ne facciam quistione.
56 Ch’io non vo’ disputar d’astrologia
Con quel che non sa ancor che cosa è stella;
Io non vo’ disputar di cerusia
Con chi sempre ara, o macina, o martella;
Io non vo’ disputar quel ch’amor sia
Con un che sol conosce Alda la bella;
Ma priego Amor che qualche ingegno trovi,
Acciò che tu mi creda, che tu ’l provi.