29 E disse: Ribaldon, ghiotton da forche8,
Che mille volte so l’hai meritate;
Prima che sotto la luna si corche,
Io ti meriterò di tal derrate9.
Questo bestion con sue parole porche
Disse: A te non darò se non gotate:
Che se’ tu tratto del cervio all’odore?
Tu debb’essere un ghiotto o furatore.
30 Rinaldo, ch’avea poca pazienza,
Dette in sul viso al gigante col guanto10;
E fu quel pugno di tanta potenza,
Che tutto quanto il mostaccio12 gli ha infranto;
Dicendo: Iddio non ci are’ sofferenza.
Pure il gigante, riavuto alquanto,
Arrandellò la caviglia13 a Rinaldo,
Che d’altro che di Sol gli vuol dar caldo14.
31 Rinaldo il colpo schifò molto destro,
E fe’ Baiardo saltar com’un gatto:
Combatter co’ giganti era maestro,
Sapeva appunto ogni lor colpo ed atto;
Parve il randello uscissi d’un balestro:
Rinaldo menò il pugno un altro tratto:
E fu sì grande questo mostaccione,
Che morto cadde il gigante boccone.
32 E poco men e’ non fe, com’e’ suole
Il drago, quando uccide il leofante,
Che non s’avvede, tanto è sciocco e fole15,
Che nel cader quell’animal pesante
L’uccide, che gli è sotto, onde e’ si duole;
Così Rinaldo a questo fu ignorante,
Che quando cadde il gigante gagliardo,
Ischiacciò quasi Rinaldo e Baiardo.
33 E con fatica gli uscì poi di sotto,
E bisognò che Dodon l’aiutassi.
Disse Rinaldo: Io non pensai di botto17
Così il gigante in terra rovinassi,
Ond’io n’ho quasi pagato lo scotto17:
E’ disse ch’all’odor d’un cervio trassi:
Alla sua capannetta andiamo un poco,
Dove si vede colassù quel fuoco.