224 E ’nginocchiossi, e baciògli le piante.
Rinaldo co’ compagni se ne vanno
Nella città che vi sta l’Ammirante,
E giostre e feste alla piazza si fanno;
E molto ben si portava un amante
D’una fanciulla; a veder quivi stanno:
Questa era molto bianca e molto bella,
E molto bruna un’altra, sua sorella.
225 E come bruna, si chiama Brunetta:
Adunque il nome suo non si disdice;
Quell’altra è bianca e pare un’angioletta,
E molto il dì si chiamava felice,
Perchè il suo amante ognun per terra getta,
E la sorella rincorreva, e dice:
Non c’è per te chi rompa due finocchi,
E ’l drudo mio d’ogni lancia fa rocchi.
226 Diceva la Brunetta sventurata:
Che colpa ho io di quel che fe natura,
E s’io non nacqui bella e fortunata?
S’io avessi avuto a far questa figura,
Io mi sarei per modo disegnata,
Che scultor nol farebbe o dipintura:
Ringrazia Dio che degli amanti truovi,
E presso ch’io non dissi, anco gli pruovi.
227 Io vi conforto della giostra, amanti,
E la Brunetta vi torni a memoria;
Io vi ricordo e dico a tutti quanti,
Che con la lancia s’acquista vittoria,
E fassi spesso colpi di giganti,
E ch’ogni dama del suo drudo ha boria,
E piace insin da Campi a Mona Onesta
Ch’e’ tenga ben la lancia in su la resta.
228 E detto questo, gittava il falcone
Verso Rinaldo, e pargli molto bello;
E ricordossi d’una visione,
Che fatta avea, ch’un peregrin novello
Ognun quel giorno abbatteva d’arcione;
E disse fra suo cor: Costui fia quello;
A un suo balio lo fece chiamare:
Di’ a quel peregrin, ch’io gli ho a parlare.