49 Ricciardetto, ove t’ho io lasciato?
Tu non sai, lasso, del futuro ancora:
Omè ch’io veggo il mondo avviluppato!
Un serpente esce della terra fòra
Con sette bocche, e fuoco arà gittato,
E molta gente con esse divora:
Farà tremar le mura di Parigi,
E Montalban, che v’è sol Malagigi.
50 Non creder vendicato il Veglio sia;
Ben surgerà di lui qualche rampollo,
E tanta gente per lui morta fia,
Ch’ognun di sangue si vedrà satollo;
Andrà sozzopra tutta Pagania.
Io sento già della rovina il crollo,
E fia sentito insin giù d’Acheronte,
Perchè spianar si vedrà più d’un monte.
51 Parrà che in Giusaffà dica la tromba:
Venite tutti all’eterno giudicio,
Uscite del sepulcro e della tomba,
Recate il bene scritto e ’l malificio;
Omè già negli orecchi mi rimbomba!
Io veggo rovinare ogni edificio,
Nè pietra sopra pietra rimanere,
Tanto che Giove potrebbe temere.
52 Veggo i lioni uscir delle spilonche,
E tigri, e l’altre fiere aspre arrabbiate,
E tante lance andar per l’aria tronche,
E pianger le fanciulle scapigliate;
Uscir gli spirti delle infernal conche,
E degli abissi l’anime mal nate:
Tu ti darai ancor pace, omè meschina
Gerusalem, se ’l tuo Sion rovina.
53 Io veggo tutta in arme Babillona
E gli stendardi già levati al vento;
Non è contenta Antea della corona,
Non è del padre suo lo sdegno spento:
Già mosso è il campo, e la tuba risuona:
O Carlo, presto sarai in gran tormento:
O Dio, la terra già triema e l’abisso,
Credo tu sia di nuovo crucifisso.