79 Ma benchè nel giardin le triste aguria
Apparissin, di fuor non fu sentito
Per la città, nè da’ baroni in curia,
Onde Marsilio è poi più sbigottito:
E poi che fu passata questa furia,
Ed ognuno era attonito e smarrito,
Cominciò Bianciardino a confortargli,
Ed a suo modo i segni a interpetrargli.
80 E mostrò con sua arte e sua dottrina,
Che questi segni appariti sì strani
Dinotavan l’incendio e la ruina,
E ’l sangue che fia sparto de’ Cristiani;
Ma Ganellone altrimenti indovina,
E ben cognobbe gli argumenti vani:
E tutta quella notte insino al giorno
Varie cose alla mente ebbe dìintorno,
81 E combattè col senso la ragione,
Poi vinse sua natura maladetta:
L’altra mattina il re Marsilione
Mandò per tutti i savi di Tolletta,
Come colui ch'è in gran confusione,
Che dovessino a lui venire in fretta;
E non si fida a Bianciardin di questo,
Chè non s’accorda ben la chiosa e ’l testo.
82 A Siragozza vennon tutti quanti
A disputar sopra questa matera,
Magi, astrolagi e molti nigromanti,
Vaticini, auruspi, che ve n’era
Gran copia allora, e famosi e prestanti.
Marsilio contò lor la cosa intera,
E comandò che debbin dire a quello
Il vero, come a Nabucco Daniello.
83 Furono insieme adunque gl’indovini,
E disson, dopo molto disputare,
Che si potea per Carlo e’ paladini
Il sangue e queste cose interpetrare,
Come contra a Marsilio e’ Saracini;
E d’alcun caso poi particulare
Ebbon tra lor diverse opinione;
Pur fecion tutti una conclusione.