124 E poi che furon tre giorni montati,
Perchè pure a salir si suda e spasima,
Sendo in alto una notte addormentati,
Uccise Fuligatto la fantasima:
Credo ch’egli eran tanto affaticati,
Che per l’affanno venissi quest’asima;
Che il sangue al cor per le vene s’accolse,
E così mal della impresa gli colse.
125 Rinaldo il seppellì come e’ potea,
E terminò pur di veder la cima:
Vide che sotto le nugole avea,
E lettere gran tempo scritte prima
In su la rena scolpite leggea,
Chè vento o pioggia non par che l’opprima;
Ma poi trovò, nello scendere il monte,
Una strana Chimera a una fonte.
126 Uccise questa, che fu maraviglia,
Chè mai nessun più non v’era arrivato,
Ch’affisar sol questo mostro le ciglia,
Col guardo suo non l’avessi ammazzato:
Poi verso il Cair rivolse la briglia,
Poi vèr Domasco; ed al Giaffo arrivato,
Volle vedere il sepulcro di Cristo,
Benchè il diavol non dicessi: Cristo;
127 Disse il sepulcro del monte Calvario.
Poi lasciâr quivi ciascuno il destriere;
E tolson chi cammel, chi dromedario,
E ’l monte Sinaì vollon vedere:
E perchè il vento si misse contrario,
Furno a pericol di non rimanere
Tutti annegati in quel mar della rena,
E con fatica lo passorno appena.
128 E sopra a Sinaì saliti, e scesi
Da quella parte ove il gran fiume corre,
Vollon vedere anche molti paesi,
E dove fu di Nembrotte la torre;
Poi ritornati, e’ lor destrier ripresi,
Saliti prima al bel monte Taborre,
Trascorson fino in India al prete Ianni,
E combatteron là molti e molt’anni.