129 Ciò ch’io ti dico non va insino all’effe,
Pensa quand’io sarò condotto al rue:
Sappi ch’io aro,21 e non dico da beffe,
Col cammello, e coll’asino, e col bue;
E mille capannucci e mille gueffe22
Ho meritato già per questo o piue;
Dove il capo non va,23 metto la coda,
E quel che più mi piace è ch’ognun l’oda.
130 Mettimi in ballo, mettimi in convito,
Ch’io fo il dover co’ piedi e colle mani;
Io son prosuntuoso, impronto, ardito,
Non guardo più i parenti, che gli strani;
Della vergogna io n’ho preso partito,
E torno a chi mi caccia, come i cani;
E dico ciò ch’io fo per ognun sette,
E poi v’aggiungo mille novellette.
131 S’io ho tenute dell’oche in pastura24
Non domandar, ch’io non te lo direi;
S’io ti dicessi mille alla ventura,
Di poche credo ch’io ti fallirei;
S’io uso fra le donne per sciagura,
S’elle son cinque, io ne corrompo sei:
Ch’io le fo in modo diventar galante,
Che non vi campa nè balia nè fante.
132 Or queste son le mie virtù morale,
La gola, e ’l bere, e ’l dado ch’io t’ho detto;
Odi la quarta, ch’è la principale,
Acciò che ben si sgoccioli il barletto:25
Non vi bisogna uncin nè porre scale.
Dove con mano aggiungo, ti prometto;
E mitere da papi ho già portate,26
Col segno in testa, e drieto le granate.
133 E trapani, e paletti, e lime sorde,
E succhi d’ogni fatta, e grimaldelli,
E scale o vuoi di legno o vuoi di corde,
E levane, e calcetti di feltrelli
Che fanno, quand’io vo', ch’ognuno assorde,
Lavoro di mia man puliti e belli:
E fuoco che per sè lume non rende,
Ma con lo sputo a mia posta s’accende.