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326 il morgante maggiore.

59 Il Saracin percoteva il Marchese,
     E nello scudo la lancia gli attacca,
     Tal che più oltre la punta si stese,
     Ed una costa del petto gli ammacca,
     Chè la corazza e ’l giubbon nol difese;
     Ma pur la lancia alla fine si fiacca,
     Ed Ulivier di cader consigliossi,
     E in qua ed in là molte volte piegossi.

60 Pur la sua gagliardia, la sua fierezza
     Non si nascose a questa volta certo,
     Chè la sua lancia non si piega o spezza,
     Ma tutto quanto lo scudo gli ha aperto,
     E la corazza gli parve una rezza;3
     Sì che Malprimo si truova deserto,
     Chè gli misse nel cor proprio la lancia,
     E mostrò pur le prodezze di Francia.

61 Falseron, quando ha veduto cadere
     Così subito morto del cavallo
     Un tal campion, cominciava a temere:
     Quest’è, disse, un miracol sanza fallo;
     Qui non si giostra a dimino o viere:
     O Macon, come lasciasti cascallo!
     E molto fu di tal caso turbato,
     Perchè Malprimo era il primo stimato.

62 Ulivier non si misse nella pressa
     De’ Saracin, ch’ancor gli duole il petto:
     Intanto in resta la lancia avea messa
     Turpino, e salta che pare un capretto,
     Chè non è tempo a cantar or la Messa;
     Vennegli incontra Turchion maladetto
     Con la sua lancia con superbia, e furia,
     Per vendicar di Malprimo la ingiuria.

63 E nello scudo alla treccia gli colse
     E ruppel come bambola di specchio,4
     Sì che dal petto fatica gli tolse;
     Ma Turpin sa ancor l’arte così vecchio:
     E perchè il Saracin civettar volse,
     E’ gli accoccò la lancia a un orecchio,
     E schiacciò l’elmo e ’l capo come al tordo,
     E in questo modo lo guarì del sordo.