109 Da poi in qua ch’io uccisi Donchiaro,
Non mi potè mai più bene incontrare:
Nè creder tu che mi fusse già caro,
Ma il mio signor mi potea comandare;
Forse quel sangue innocente sì claro
Vendetta debbe or nel Cielo esclamare,
Il qual con Carlo ha conceputo sdegno,
Chè assai dato gli avea d’onore e regno.
110 Credo, Rinaldo mio, s’io non m’inganno,
Ch’oggi tutti morremo in questa valle,
Benchè tanti Pagan prima morranno,
Che sempre si dirà di Roncisvalle.
Disse Rinaldo: Non ti dar più affanno,
Ecco Marsilio che t’è già alle spalle,
Con tutto il popol di Serse e di Dario;
Non c’è più tempo a tanto corollario.
111 Marsilio a Bianciardino aveva detto,
Poi ch’egli scese con sua gente al piano:
O Bianciardin, tu m’hai messo sospetto,
Io non lo intendo questo caso strano;
Orlando è là con la mia gente appetto;
Rinaldo so ch’è in paese lontano,
Ed al presente si truova in Egitto
Con Ricciardetto: così Gan m’ha scritto.
112 Rispose Bianciardin: Qua son venuti
Due cavalier valenti e bene armati,
E benchè molto gli abbiam combattuti,
Per forza son tra la schiera passati
E dispariti, e poi non gli ho veduti;
Credo che sieno diavoli incantati:
Chè l’uno e l’altro è paruto invisibile,
E fatto han quel che non parea possibile.
113 E’ si vedea sempre in alto le mane
E in modo le percosse spesseggiare,
Che sonavano a doppio due campane:
Io vidi intorno a questi un cerchio fare,
E seguir cose che non sono umane,
Chè si sentì una spada fischiare
D’un certo manrovescio tondo e giusto,
Che a venti il capo levò dall'imbusto.