87 Egli arebbe il dì Cesare in Tessaglia
Rotto, e il Barchino10 a Transimeno o Canni;
E’ si sentia rugghiar per la battaglia,
Tanto che un verro par ch’ognuno azzanni;
E braccia e capi e mani in aria scaglia,
Per finir con onor questi ultimi anni:
Chè ’l tempo è breve, e pur la voglia pronta,
E dolce cosa è vendicar giusta onta.
88 E dove e’ vede la gente, s’aggruppa,
Come aquila gentil si chiude e serra;
Sì che la schiera sbaraglia e sviluppa,
E tutti gli stendardi caccia in terra:
Pensa, lettor, come il campo s’inzuppa!
Alla turchesca si facea la guerra:
Abbatte, ed urta, e spezza, e sbrana, e strugge,
Tanto che solo sperar può chi fugge.
89 E’ si vedeva ora a poggia ora a orza
La battaglia venirsi travagliando:
Il campo de’ Cristian facea gran forza;
Tanto l’alto valor, l’ardir d’Orlando
Folgore par, che nulla cosa ammorza;
Ed ogni volta che menava il brando,
E’ rimanea del maestro la stampa,
Tanto che pochi di sua man ne scampa.
90 E non pareva nè sorda nè cieca
Certo quel dì quella vecchia scagnarda,
Che spesso affila la falce sua bieca,
Poi raschia l’unghia, e d’Orlando pur guarda;
Talvolta drieto a Rinaldo si reca,
E fassi quivi a suo modo gagliarda,
Ch’ognun s’appicca ov’e’ vede guadagno;
E Ricciardetto anche fu buon compagno.
91 Rinaldo fece al crudel Gallerano
Un tratto a caso il più bel moncherino,
Perch’e’ parea sopra il popol cristiano
Un lupo in selva arrabbiato menino:
Chè gli trovò con Frusberta la mano,
E lo incanto gli fe’ del mal del pino,11
E dell’abete, e del faggio, e del leccio,
E non vi venne poi su il patereccio.