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400 il morgante maggiore.

272 Falseron, io ho pur finalmente
     Qui ritrovati tutti i tuoi vestigi:
     L’anima forse or del tuo error si pente,
     Tanti segni son qui, tanti prodigi;
     Tu abbracciasti come fraudolente,
     Quando tu ti partisti da Parigi,
     Oimè lasso, il mio degno nipote,
     Poi gli baciasti, ribaldo, le gote.

273 Bianciardin, qui non bisogna esordia,
     Però ch’egli è da corda e da capresti
     Venuto il tempo, e non misericordia;
     Ed è ragion, che come voi facesti
     A questa fonte insieme di concordia
     Il tradimento, ognun l’aria calpesti:
     Poi ve n’andiate nello Inferno a coppia,
     Chè la giustizia e la malizia è doppia.

274 Quando Marsilio si vede condotto
     Dove il peccato suo l’avea pur giunto,
     E che si truova a quel carrubbo sotto,
     Si ricordò come il suo caso appunto
     Predetto aveva un nigromante dotto,
     Tanto che fu più di dolor compunto;
     Perchè e’ gli disse: Non tagliar quel legno,
     Che qualche volta sarà il tuo sostegno.

275 E poi pregò, come malvagio e rio,
     Che voleva una grazia chieder sola,
     Cioè di battezzarsi al vero Dio.
     Disse Turpin: Tu menti per la gola,
     Ribaldo: appunto qui t’aspettavo io.
     Rinaldo gli rispose: Oramai cola:
     Non vo’ che tanta allegrezza tu abbi,
     Che in vita e in morte il nostro Dio tu gabbi.

276 Sai che si dice cinque acque perdute:
     Con che si lava all’asino la testa;
     L’altra, una cosa che infine pur pute;
     La terza è quella che in mar piove e resta;
     E dove gente tedesche son sute
     A mensa, sempre anche perduta è questa;
     La quinta è quella ch’io mi perderei
     A battezzare o marrani o Giudei.