12 Egli aveva il capresto d’oro al collo
E la corona de’ ribaldi in testa;
Rinaldo ancor non si chiama satollo,
E ’l popol rugghia con molta tempesta:
E chi gittava la gatta e chi il pollo,
Ed ogni volta lo imberciava a sesta:
Non si dipigne Lucifer più brutto
Dal capo a’ pie’, come e’ pareva tutto.
13 Fece quel carro la cerca maggiore;
E chi si cava pattini3 e chi pianelle,
Per vedere straziare il traditore,
Sì che di can non si straccia più pelle:
Tanto tumulto, strepito e romore,
Che rimbombava insin sopra le stelle,
Crucifigge, gridando, crucifigge;
E ’l manigoldo tuttavia trafigge.
14 E poi che il carro al palazzo è tornato,
Carlo ordinato avea quattro cavagli;
E come a questi il ribaldo è legato,
Cominciano i fanciulli a scudisciagli,
Tanto che l’hanno alla fine squartato:
Poi fe’ Rinaldo que’ quarti gittagli
Per boschi, e bricche, e per balze, e per macchie
A’ lupi, a’ cani, a’ corvi, alle cornacchie.
15 Cotal fine ebbe il maladetto Gano,
Chè lo eterno giudicio è sempre appresso,
Quando tu credi che sia ben lontano.
Or forse tu, lettor, dirai adesso
Come gli abbi creduto Carlo Mano.
Io ti rispondo: era così permesso;
Era nato costui per ingannarlo,
E convenia che gli credessi Carlo.
16 Nota, che Carlo Magno era uom divino,
E lungo tempo avea tenuto seco
Un dotto antico chiamato Alcuino,
Ed apparò da lui latino e greco,
Ed ordinò lo Studio parigino;
Or par che sia dello intelletto cieco:
Onde alcun autor, come prudente,
Di Ganellon non iscrive niente.