137 Florinetta una gemma ch’avea in testa,
Gittò nella padella a mano a mano;
Margutte ciuffa, e la mano ebbe presta,
E dice: Io fo, per non parer provano.
Morgante fatta gli arebbe la festa,
S’avessi avuto qualche cosa in mano;
E vergognossi dell’atto sì brutto,
Dicendo: Tu m’hai pur chiarito in tutto.
138 Margutte si tornò in cucina tosto,
E cominciò assettare un suo fardello
Di ciò ch’aveva rubato e nascosto,
E quel che solea por già in sul camello;
E perch’e’ vide Morgante disposto
Di dipartirsi, si pensò ancor quello.
Ch’e’ fussi da fornirsi drento il seno
Di ghiottornie per due giornate almeno;
139 E mangia e beve, ed insacca per due erri:19
Dicendo: E’ non si truova cotti I tordi,
Quand’io sarò per le selve tra’ cerri.
Morgante intanto al partir par s’accordi,
E Florinetta con lui era a’ ferri,20
A pregar sempre di lei si ricordi;
E che tornassi a rivederla presto,
E non si parta, che prometta questo.
140 Morgante rispondea ch’era contento
E in ogni modo per sè tornerebbe,
E fecene ogni giuro e sacramento:
Non potre’ dir quanto il partir gl’increbbe;
Ed abbracciava cento volte e cento
Quella fanciulla; e non si crederrebbe
La tenerezza che gli venne al core,
E quanto Filomen gli ha posto amore.
141 Margutte disse solamente addio,
Però ch’egli era più cotto che crudo:
Morgante, poi che del castello uscìo,
Disse a Margutte: Asséttati lo scudo,
Ch’io vo’ sfogarmi, poltoniere e rio,
Chè tu se’ il cucco mio per certo e ’l drudo:
Può fare Iddio, tu sia sì sciagurato?
Tu m’hai chiarito, anzi vituperato.