Pagina:Raffaello - Lettera a Leone X, 1840.djvu/21

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pio furore e il ferro e il fuoco, e tutti quelli modi che bastavano per ruinarla. Onde quelle famose opere, che oggidì più che mai sarebbono floride e belle, furono dalla scellerata rabbia e crudele impeto de’ malvagi uomini, anzi fiere, arse e distrutte: sebbene non tanto, che non vi restasse quasi la macchina del tutto, ma senza ornamenti, e, per dir così, l’ossa del corpo senza carne. Ma perchè si doleremo noi de’ goti, vandali, e d’altri tali perfidi nemici; se quelli, li quali come padri e tutori dovevano difendere queste povere reliquie di Roma, essi medesimi hanno lungamente atteso a distruggerle (2)? Quanti pontefici, padre santissimo, li quali avevano il medesimo officio che la vostra santità, ma non già il medesimo sapere e grandezza d’animo, nè quella clemenza che la fa simile a Dio: quanti, dico, pontefici hanno atteso a ruinare tempii antichi, statue, archi, e altri edifici gloriosi! Quanti hanno comportato, che solamente per pigliar terra pozzolana si sieno scavati dei fondamenti, onde in poco tempo gli edifici sono venuti a terra! Quanta calce si è fatta di statue e d’altri or-