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[CAP. IV.] GUERRA DI NONANTOLA, EC. 159

truppe a San Lazzaro presso Modena; donde, saputo il sacco dato al territorio di Guiglia, procedeva a Castelnovo-Rangone. Da quella terra spedì egli a riconoscere il nemico il commissario della sua cavalleria ch’era, come dicemmo, il colonnello Matteo Sittoni; il quale, ritornato a Castelnovo con 100 soldati fatti prigionieri1, riferì essersi il Barbazza ritirato di là dal Panaro. E fu a quel tempo per avventura che venne presa una terra nominata Colloda, ove molti pontificii rimasero prigionieri (i cento forse ora ricordati), come trovo indicato in una relazione letta nel senato veneto dal Bonvicini segretario del duca Francesco e suo residente a Venezia, nella quale è detto altresì di prede fatte sul nemico dal presidio di Savignano.

Voleva il duca tener dietro sul bolognese ai pontificii che si ritiravano; ma a questo non solamente il Corraro si oppose, ma ancora richiamò que’ moschettieri da noi più sopra nominati. Pertanto l’Estense, che scarso di forze correa pericolo di vedersi da un ritorno offensivo de’ pontificii impedita la via per Modena, fu costretto, con che livore per la speranza fallitagli è agevole l’immaginare, di far ritorno a San Lazzaro, ove giunse il dì 27 di giugno, e d’onde continuò egli a vegliare alla difesa del territorio liberato. Appena giunto Raimondo a San Lazzaro, diè conto al principe Mattia de’ Medici di quanto era avvenuto nella passata spedizione, colla lettera della quale torna bene riportare il seguente brano: «Come entrassimo nel paese, l’anima de’ nemici fu talmente invasa dall’oppinione delle nostre forze, che lasciarono tutti que’ posti delle montagne e que’ castelli che teneano occupati su questo Stato; e se marciando a mezza notte come havevamo disegnato, havessimo attaccato il nemico alla punta del giorno, sicuramente havressimo disfatti que’ 4m huomini ch’erano avanzati su lo Stato, e che sarebbono stati giustamente colti nella ritirata. Ma li signori veneziani fecero difficultà d’avanzarsi senza un ordine del signor Cornaro, che per esso havria forse mandato a Venezia. Così perdonsi le congiunture, che come V. A. sa, non

  1. Di questi prigionieri fa menzione il Montecuccoli in una lettera sua al cardinal d’Este