Pagina:Rapisardi - Opere, I.djvu/332

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     O mandorlo precoce,
     E primavera affretti!
     Io come te solea,
     Impaziente della tarda bruma
     Accender l’amoroso estro veloce,
     E i canti precorrea
     Degli augelli felici, e di speranza
     Vestivo il core giovinetto e il fronte,
     Pria che di fiori si vestisse il monte.
Or mi ritorna invano
     Primavera, e su me vano s’accende
     Questo sole d’amore e questo cielo;
     Chè derelitto a stento
     Porto di quest’ingombro egro il fardello,
     Che niuno in terra a sostener m’ajuta,
     E desolato il lento
     Fianco trascino, e di soffrir son stanco.
     Deh, chi l’ardor mi rende
     De’ miei vent’anni e la speranza e i sogni?
     Dio mio, Dio mio, più mai
     Dunque per me non tornerà l’aprile?
     Dunque di questa giovinezza al fiore
     Più rugiade dal ciel non manderai,
     Nè più bella e gioconda
     Verrà salute a rifiorirmi il core?
     Dio mio, tu che ridoni