Pagina:Rapisardi - Opere, I.djvu/400

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     Straniero al mondo, erra il mio spirto in cerca
     Di sognati fantasmi; e aspetto, e impreco,
     Ed or me stesso, or pazzi gli altri estimo.
Solo su l’orlo a questo vuoto immenso,
     Che universo si noma, a cui, se dànno
     Luce tant’astri è per mirar nostr’ombra,
     Muto, tremante e derelitto io pendo,
     O ch’io deggia anzi tempo entro gli abissi
     Gittar questo d’affanni e di memorie
     Penosissimo incarco, o ver dal tempo
     Trascinar là mi lasci ove, se cosa
     Restai di noi, rider di noi potremo.
     Sorger vedo a me innanzi un’incompresa
     Larva di Dio, che di me stesso è l’ombra;
     E fra un mar d’infecondi atomi e un suono,
     Che dir non so se sia pianto o sorriso,
     Come fra cielo e mar veggio una candida
     Forma nuotar, che pensierosi e mesti
     Gira gli sguardi, e un’armonia diffonde
     Che al suon dell’aure e al tuo parlar somiglia.
     Che vuoi tu, che vuoi tu, candido sogno
     Del viver mio, speranza ultima e bella
     Dei giorni miei? Qual porto mai, qual riva,
     Qual riposo avrem noi? Zolle pietose
     Di quest’isola mia, lidi lontani.
     Vergini selve, intatti boschi, or date,