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Camera dei Deputati — 141 — Senato della Repubblica


ix legislatura — disegni di legge e relazioni — documenti




Non può non colpire in questo breve riepilogo, che deve essere letto riportandosi alla conclusione dei precedenti capitoli, la constatazione di come la vita della Loggia Propaganda corra in parallelo, secondo un mutuo rapporto di scambievole influenza, con le vicende politiche del Paese, ad esse parametrando le stagioni organizzative ed i piani di intervento, con una sintonia tra il dato interno e quello esterno alla Loggia che il Commissario Covatta ha voluto sintetizzare definendo la Loggia P2 una struttura «plastica rispetto al potere». Non è chi non veda, infatti, come nella storia del suo sviluppo sia dato individuare una prima fase di contatto con gli ambienti militari da un lato e con le fasce estreme dell’eversione nera dall’altro, che caratterizza marcatamente la prima metà degli anni settanta, quando la provvisorietà delle soluzioni politiche e la ricerca faticosa di più solide maggioranze davano spazio e margine di credibilità politica a quei conati di golpismo strisciante, che solo in seguito si sarà in grado di collocare nella giusta prospettiva, ma che all’epoca non mancarono di esercitare il loro effetto di allarme destabilizzante. Come del pari ad un effetto destabilizzante miravano eventi clamorosi di tragico segno quali gli attentati, che accreditarono, nella logica della strategia della tensione, la teoria degli opposti estremismi e per alcuni dei quali sappiamo che la Loggia si poneva come retroterra politico e finanziario1.

Come abbiamo già osservato se è certo che Gelli ed ambienti della Loggia P2 hanno tramato con l’eversione nera, sarebbe peraltro giudizio politicamente incauto identificarli con essa, risolvendo così in modo semplicistico un più complesso rapporto con fenomeni ed ambienti che appaiono piuttosto strumentalizzati, secondo una accorta strategia di inserimento che punta ad incentivarli, salvo poi a disinnescarli al momento opportuno. Traspare piuttosto dalla trama degli eventi un disegno che sollecita iniziative di valore eversivo puntando al vantaggio politico di eventuali contraccolpi sul sistema, più che ad un reale suo impossessamento nel segno della restaurazione. Solo la pochezza politica di qualche generale di mal apposte ambizioni poteva farsi irretire dalla prospettiva di un governo presieduto da Carmelo Spagnuolo, quale il Gelli agitava ai sui ospiti con le stellette nella riunione di Villa Wanda.

Fino al 1975 Licio Gelli sembra aver giocato con pari impegno sui due tavoli diversi — ma lo furono poi veramente? o non fu piuttosto una medesima spregiudicata partita che su di essi Gelli, o chi per lui, condusse? — dell’eversione violenta al sistema e della politica di ordine e di restaurazione, all’ombra dei militari. È questa la stagione politica nella quale la Loggia P2 si configura dunque, secondo l’espressione del Commissario Occhetto, come il luogo nel quale passa la convergenza fra le forze dell’eversione ed il «partito d’ordine». Ma la non identificazione di Licio Gelli con l’eversione, l’approssimazione cioè di una lettura del personaggio e del fenomeno che ad esso risale in chiave nera, risalta con netto rilievo quando si consideri l’evoluzione che ci è dato registrare secondo una lettura

  1. Vedi pago 93.