Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/318

Da Wikisource.

- 318 -

imprestare uno a suo figliuolo. Questi rafazzonato in quel modo spiccio, si presentò per la seconda volta in una vigna alla sua fidanzata, ed ivi fu sottoscritto il contratto di nozze. Dopo tre settimane arrivò la sposa in carrozza, recando seco due voluminosi sacchi di moneta erosa, e fu celebrato senz’altro il matrimonio. Prima di questo, il giovane non aveva vista che due volte, e per un’ora sola ogni volta, la donna destinata ad essere la compagna di tutta la sua vita. Fu preparata nella casa dello sposo una cameretta per la giovane coppia, o per parlare più esattamente, non si fece altro che collocarvi un letto colossale che l’occupava quasi per intiero, e con ciò tutto fu finito.

Voglio a questo proposito far cenno di una strana usanza di questi paesi. Una sera udii sulla piazza maggiore un chiasso infernale, un vero baccano, che non era prodotto propriamente da strumenti musicali; mi portai a quella volta, e trovai tutta la gioventù e tutti i ragazzi di Genazzano radunati davanti ad una casa, ed intenti a darvi una specie di concerto. Non ho mai udito un complesso di suoni così discordanti, nemmeno fra le baldorie degli studenti tedeschi alle loro università, imperocchè gli uni soffiavano entro conchiglie marine; altri davano il fiato a corni di bue; altri con falci da vignaiuoli picchiavano a tutta forza sopra zappe e padelle; altri agitavano con violenza pezzi di ferri vecchi di ogni natura, legati in mucchio con una corda; un altro faceva girare in circolo sul selciato una vecchia casseruola raccomandata ad una funicella. Un dieci o dodici si sbracciavano a scampanellare con le campane che si appendono al collo alle vacche. Domandai ad un signore, che stava osservando ridendo tutta quella folla, che cosa volesse significare quella musica infernale. Mi rispose che in quella casa abitava un vedovo il quale era di recente passato a seconde nozze e che gli si faceva la scampanellata, che tale si è il nome di quella barbara costumanza, dedotto dall’impiego che vi si fa delle campane solite a portarsi dalle vacche; ed in tutto quanto il Lazio si usa regalare per ben tre sere