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Allorquando fummo entrati nella locanda, e che l’albergatore ci ebbe condotti nelle nostre stanze, dalle finestre delle quali scorgevamo in tutta la sua splendidezza la pianura della Marittima, mi colpì lo sguardo al basso del monte, e quasi sotto di noi come un ampio circolo di mura, rivestite di edera nel mezzo a quale parevano sorgere collinette, che si sarebbero dette formate tutte di edera e di fiori. Sorgevano pure qua e là, antiche torri, rovine, rivestite tutte di lussureggiante verzura ed usciva da quella cerchia singolare un rivo argenteo che attraversava le paludi pontine, e quasi striscia di luce si andava perdere sulla spiaggia del mare. Attonito domandai al locandiere che cosa fossero quella cerchia grandiosa, quelle collinette tutte di fiori e di verzura? «La è Ninfa!» mi rispose il dabben uomo. Questa era pertanto Ninfa, la Pompei del medio evo, e la città perduta nelle paludi pontine. Vi ci recheremo questa sera, quando la luna starà per sorgere dietro i ruderi ciclopici dell’antica Norba.

Trovammo nella locanda di Norma un buon pranzo, ed il riposo di cui abbisognavamo; quindi uscimmo per vedere il piccolo paese, e prendere cognizione dell’antica Norba, imperocchè si è questo l’antico nome volsco della città, nè so quando e come siasi mutato in Norma. Lo trovai usato per la prima volta in principio del secolo VIII alla qual epoca l’imperatore greco Costantino V fece donazione al papa Zaccaria, delle due possessioni Nymphas et Normias, le quali appartenevano allo stato. Si può quindi conghietturare con fondamento, che fin d’allora fosse di già abbandonata l’antica città volsca di Norba, e sorta in vicinanza l’attuale norma, o Normia.

Le rovine dell’antica Norba si trovano a poca distanza dalla nuova città. Consistono in avanzi tuttora notevoli della rocca, e dei muri ciclopici che la circondavano. Anche qui la rocca sorgeva sopra una rupe isolata; forte per natura, la quale scende a picco dalla parte che guarda le paludi pontine. Era di forma quadrata, e circondata da