Pagina:Rimatori siculo-toscani del Dugento.djvu/162

Da Wikisource.
152 iii - i rimatori pisani

la reprension che potè in lei montare,
considerando l’altèra valenza
60di natura discesa
e lo suo gentil core inganno tegna,
unde, in alcuna guisa, di fallenza
di vertú sia ripresa;
perché maggior di ciò pena in me regna,
65considerando in lei cosa non degna.
     Se ’n alcuna mainerà giá potesse
da la follia presente dipartire.
isforzereimi a valere alquanto,
però ch’assai piú manto
70fall’è, cernendo, in mal perseverare,
che non giá fora stare
nel mal, non conoscendo. Ma non posso;
che voler non s’è mosso;
und’e’, di ragion om, fatto son fèra,
75seguitando carrèra
dal piager falso, e’ ha in me pene messe.

V

Ancora mostra il suo dolore per la crudeltà di lei.

     La dolorosa e mia grave doglienza
conven ch’eo dica in canto,
com’altri lo piacere e l’allegrezza,
distringendomi a ciò la mia voglienza,
5avegna me’ sia pianto,
corno m’ha preso, lasso! ’n cor fermezza,
e la chiarezza — di ciò è sembianza
ch’eo mi somisi intero in signoraggio,
fermo avendo coraggio
10d’altèra donna di servir natora,
u’ solo un’ora — mai feci fallanza,
poi per piacer mi strinsi in suo servaggio,