Pagina:Rimatori siculo-toscani del Dugento.djvu/163

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iii - panuccio del bagno 153

und’ho greve dannaggio,
che mi disdegna e dà pena su’ altora.
15Perfetto in signoria mi misi servo,
senn’e voler congiunto
ad un disio, il suo pregio servendo,
e conservendo ciò, com’or conservo,
d’ogni penser digiunto
20sono, ’n ciò servo, ’ntera voglia avendo,
ed attendendo ne in parte diletto,
il qual per lo piacere imaginai;
e perché mi fermai
sotto sua signoria interamente,
25sol che servente — fusse lei soggetto,
piacer disio e tal voglia portai,
e più non disiai,
nel primo: ed or desio simelemente.
Non disiando che solo servire,
30di ciò contento fui,
in alcun’ora: quasi per sembianza
dimostrando ver’me fusse in gradire
gioi’ lei servisse in cui
di ciò sorrise con gran benenanza.
35Ma poi in fallanza — mea vista tornando,
viddi in tutto lo contraro aperto,
quasi di ciò isperto,
poi sua vista fermata m’è in disdegno,
ed io tal segno — per vero approvando,
40di gio’m’ha miso tale in pena certo,
di ciascun ben diserto
e fermo in vita amara e ’n morte regno.
Regnando in morte, sono in suo podere
nascoso e forse pare;
45tanto ne l’alma mia monta dolore,
che, sostenendo ’n pena si piacere,
non si grav’è penare,
ma grave è più via troppo e monta ardore,