Vai al contenuto

Pagina:Rime (Andreini).djvu/273

Da Wikisource.

261

     Da mille piaghe aperto
     Lo veggio, i’ non saprei
     Imaginarmi un mostro
     Di lui più brutto, e più deforme in terra.
     Ohime qual fera stella
     Mi costringe ad amarti
     Ingrata Clori, quando
     Pur odiar ti devrei?
     Ah, che s’io fossi accorto
     O sprezzar disprezzato deverei,
     Overo usar la forza.
     Ma che parl’io di forza, ò di disprezzo?
     Ah, che sprezzar non puote
     Colui, che troppo ammira
     Ohime, ch’odiar non puote
     Colui, ch’è tutto amore;
     E non può chi molt’ama
     Usar atto villano;
     E poco ardisce amante
     Quando molto nel cor foco nutrisce.
     Dunque sperar non deggio
     Altro poter, altro voler amando,
     Che voler, che poter mai sempre amare.
O care amiche piante
     Misero à voi piangendo
     Dico le mie sventure;
     A voi, che mi porgeste
     Soàue, e fresca l’ombra,
     Quando dal collo amato
     Pendèa de la mia Clori
     Con egual gioia alhor de’ nostri cori.
Oh voglia il Ciel s’alcuno


R     3          Hor