Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 149 — |
Sonetto.
A me stesso di me pietate vene
per la dolente angoscia ch’i’ mi veggio
di molta debolezza; quand’io seggio,
4l’anima sento ricoprir di pene.
Tutto mi struggo, perch’i’ sento bene
che d’ogni angoscia la mia vita è peggio.
La nova donna, cui mercede cheggio,
8questa battaglia di dolor mantene.
Però che, quand’i’ guardo verso lei,
rizzami gli occhi de lo su’ disdegno
11sì feramente, che distrugge ’l core.
Allor si parte ogni vertù da’ miei
e ’l cor si ferma per veduto segno,
14dove si lancia crudeltà d’amore.
Solo Ca e seguaci.