Pagina:Rivista di cavalleria (Volume I, 1898).djvu/239

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sulle evoluzioni della cavalleria 237

data direzione, deve sapersene allontanare di quel tanto che basti per poter abbracciare la situazione, o per potere eseguire una rapida ricognizione; giacchè nulla è più appropriato a tal riguardo del detto che «chi vuole vada, chi non vuole mandi; senza contare che fra il mandare e il farsi riferire passa sovente l’istante prezioso favorevole ad una data azione, e che ben altro è il vedere ed il giudicare coi propri occhi da quello che può essere riportato da seconda o terza persona.

Non comprendo poi come, in presenza del nemico, possano i cavalleggeri non aver già estratta la sciabola e come si possa aspettare ad estrarla appunto al momento di prendere il galoppo per la carica, creando uno scompaginamento inutile e senza che i cavalieri abbiano il tempo di far passare la dragona nel polso. So bene che il De Brack voleva che l’estrarre la sciabola ed il cadere addosso all’avversario fosse una cosa sola, ma ben diverse erano le condizioni nelle quali si effettuava in allora una carica.

Così pure troverei inutile il comando: per la carica che precede quello del galoppo; sia perchè tutti debbono avere già compreso che si tratta di caricare, sia perchè esso induce i cavalieri a caricare anzi tempo ed a sfuggire di mano, sia infine perchè non ha l’equivalente nel segnale di tromba.

Coll’insieme poi delle altre norme che si danno per l’attacco contro cavalleria, parmi nulla si faccia per impedire che le nostre cariche si sottraggano a quel solito apparato scenico, pel quale i due partiti, appena si scorgono, si spiegano e si caricano in un modo sempre identico.

Difatti, noi non vediamo mai negli attacchi di cavalleria contro cavalleria, quella manovra che deve prepararli, sia per attrarre l’avversaria sotto il fuoco della fucileria e dell’artiglieria in terreno sfavorevole; sia per costringerla a spiegarsi innanzi tempo per potere poi, con uno spostamento rapido, gettarsi obliquamente su di una sua ala; o finalmente per obbligarla ad abbandonare, magari col fuoco, una posizione di sbocco. In una parola, per la cavalleria non vedo che esista realmente ciò che si chiama tattica e questo per me ritengo sia un grave