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rivista di cavalleria 238


La prima si riferisce alla ceduta durante il salto ottenuta con l’avanzata dei pugni, la seconda al modo di impugnare le redini.

In entrambi i casi il Caprilli vede la cosa dal punto di vista tecnico, starei per dire artistico, e ha ragione, ma egli dimentica che il regolamento ha per iscopo di render il soldato atto alla guerra, di farne un cavaliere di campagna capace di combattere con le armi in pugno.

Ciò è detto esplicitamente nella premessa a tutta l’istruzione a cavallo (N. 140) e nelle generalità che si riferiscono all’istruzione complementare (N. 259), e impone al metodo d’insegnamento esigenze speciali che non possono trascurarsi.

Considerata infatti la poca entità degli ostacoli che è chiamato a saltare il soldato e la non sempre abbondante decisione dei quadrupedi di truppa non ritengo assolutamente indispensabile al cavallo questa maggior libertà di testa e collo, mentre temerei che la ceduta in aria si risolvesse, nella maggior parte dei casi, in uno spostamento del busto del cavaliere innanzi, e nella conseguente perdita del suo assetto. Questa, in ultima analisi, oltre mettere il soldato nel pericolo di cadere, ciò che per noi, in guerra od in campagna, è assai più grave che ad un concorso ippico, procurerebbe al cavallo maggior disturbo del beneficio che gli si vuole arrecare cedendo i pugni, e avrebbe come primo effetto una maggior incertezza nel cavallo al salto.

Quando trattisi, invece, di ostacoli elevati ed estesi ove lo sforzo del cavallo è assai più grande, il cavaliere deve naturalmente impiegare una perizia ad essi proporzionata, perciò nella parte 4a del regolamento dove si parla di cavalieri provetti e di ostacoli di maggior entità viene chiaramente suggerita la ceduta in aria e le viene tributata quella importanza che nessuno oramai può disconoscere.

Lo stesso ordine di ragionamenti vale per il modo di impugnare le redini. Se cavalcando a diporto in aperta campagna si può ritenere opportuno di tenere le redini a due mani, ciò non può dirsi del soldato, il quale, polendo essere chiamato ad ogni momento a prendere le armi, deve essere perfettamente abituato a guidare il proprio cavallo con una sola mano. Il regolamento gli concede di dividere le redini ogni qualvolta il terreno o altre circostanze lo consigliano, inoltre è sempre ammesso, anche con le armi alla mano, l’intervento della mano destra per aiutare l’azione della sinistra, ce n’è dunque abbastanza per accontentare anche i più esigenti salvando però il principio della equitazione militare.