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Pagina:Rivista italiana di numismatica 1889.djvu/217

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198 giuseppe ruggero

La serie di questo re, già ricca del genovino con due varianti, della quartarola dell’Hoffmann1, del grosso, della petachina e del minuto, veniva in tal modo ad essere quasi completa col terzo di genovino. Avrei pubblicato prima d’ora questa nuova moneta, se non mi avesse trattenuto dal farlo il dubbio sulla esistenza della quartarola; dubbio legittimo, poiché parevami strano che i registri di zecca riportassero la coniazione del terzo di genovino e non quella del quarto. Circa alla quartarola dell’Hoffmann, devo confessare che se ne avevo avuta notizia certa quanto al peso, non avevo potuto tuttavia vederne il disegno, mancando quell’opera in tutte le biblioteche di Firenze dove allora io mi trovava. Finalmente, avendo potuto consultarla in grazia alla cortesia di un distinto Numismatico, il sig. William Boyne, riconobbi nella pretesa quartarola dell’Hoffmann al N. 51 Tav. XXVIII, la sorella, se non gemella forse minore, della terzarola di Brera. Infatti le lettere di zecca sebbene incerte, non mi sembrano eguali a quelle del 1406, e per questo è probabile che appartengano ai zecchieri degli anni seguenti.

Non può cader dubbio circa alla specie, malgrado l’asserzione dell’autore a pag. 62, dove la dichiara una quartarola, dandole il peso di 0,80. Chi conosce la monetazione genovese, non può ignorare che i tipi delle due monete son talmente diversi da non potersi confondere. La quartarola fin dalla sua origine non ebbe mai gli archetti, e continuò col suo cerchio semplice per tutto il tempo della sua durata, cioè nella seconda metà del XV secolo, poiché l’ultima che conosciamo è quella del Galeazzo Sforza. Oltre al

  1. Monnaies royales de France. Parigi, 1878.