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356 | francesco gnecchi |
venerazione. Per citare un esempio assai noto e che fece tanto rumore in tutto il mondo archeologico, accennerò ai restauri troppo radicali inconsultamente incominciati alcuni anni sono ad uno dei lati esterni del San Marco di Venezia, e poi fortunatamente sospesi, in seguito alle energiche rimostranze dei veri amatori dei monumenti nella loro integrità, nel loro genuino carattere, comprese le impronte anche deleterie dei secoli trascorsi. Quei restauri, che dissi troppo radicali, per quanto riguarda la materiale esecuzione, erano egregiamente eseguiti da abili artisti; ma la pulitura e lucentezza primitiva ridonata ai marmi, la sostituzione di pezzi nuovi — tanto peggio se pezzi di scultura — a quelli un po’ corrosi e guasti dal tempo, se avevano naturalmente per risultato di dare al monumento l’aspetto che si supponeva dovesse avere all’epoca della sua costruzione, ne toglievano però, oltre che la genuinità, la venerabile maestà conferita dal tempo, al quale non v’ha alcun surrogato. Il fianco della Basilica che guarda la Piazzetta è là per provare se quanto asserisco è vero.
Orbene questo è il genere di restauro-rinnovamento cui accennavo più sopra e che viene inflitto, oltrecchè a molti monumenti statuarii o architettonici, anche a buon numero di monete provenienti dagli scavi di Roma. Certo quei bronzi, passati per le mani di abili artefici, si presentano poi assai favorevolmente agli occhi del semplice amatore di bronzi artistici, o del raccoglitore amante unicamente delle belle conservazioni o infine dell’orefice che ne forma un gioiello da signora..., ora che questa nuova maniera gentile ma non perciò meno efficace di distruzione