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a spegnersi verso la fine del secolo decimo sesto. Degli ultimi rampolli fu, per quanto giova credere, Isabella. Dalla medaglia, il più grande documento che la riguardi, risulta che fu moglie di Gianluigi Valmarana e che nel 1566, quando gettavansi, com’è a credere, i fondamenti del palazzo palladiano, toccava i cinquantanni. Era nata adunque nell’anno 1516. Quanto tempo avesse ancora dopo il 1566, quand’era già vedova del Valmarana, vivo aricora nel 15581, non è datò conoscere. Le ceneri di lei, sepolta nella cripta del tempio di Santa Corona in Vicenza, furono levate dalla tomba primitiva e deposte nel 1597 in un nuovo sepolcro, preparato a’ suoi cari dal figlio Leonardo2.


Ho detto che l’impronta d’Isabella accusa la mano d’un artista perito. Ma chi fosse codesto artista non è dato conoscere, se pur non apparteneva alla schiera de’ Vicentini, o forse degli altri. assai valenti, che fiorivano nella Venezia, e de’ quali si giovavano all’occorrenza, com’ebbi altra volta a notare> i patrizi vicentini del secolo decimo sesto3. Non lascio però di ricordare che lo studio del bello era tutt’altro che estraneo a’ Valmarana. Devesi a Gianluigi, sopra tutto, se per il ristauro della Basilica di Vicenza si prescelse il disegno del Palladio. E un culto speciale s’ebbe pure, nella famiglia, per la Numismatica. Il

  1. Da Schio, Memorabili loc. cit.
  2. Faccioli, Musaeum Lapidarium Viceniinum, pars. I, pag. 236, n. 25. Vicentiae 1776.
  3. Vedi Medaglia in onore di Giuseppe Da Porto nella «Rivista italiana di Numismatica, loc. cit.