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il quale segna il principio della vera monetazione imperiale. Quest’atto di Augusto che rappresenta un momento così importante per la storia della moneta romana e che non è certo il meno notevole fra quelli che segnano il passaggio in Roma dal regime repubblicano al regime imperiale, lo rileviamo per via indiretta dallo studio dei monumenti numismatici, non già dalle fonti letterarie. Discordi perciò sono le opinioni dei dotti, che potrei citare, se non deviassi dal cammino propostomi. Il mio scopo è quello di toccare alcune questioni molto controverse nel campo della numismatica imperiale, e dovendo entrare in argomento, ho citato l’opinione del Mommsen1 che mi pare la più accettata. Non è a credere però che l’imperatore, cedendo al Senato il diritto di coniare il bronzo, non esercitasse tuttavia la sua sorveglianza su quella coniazione. Una valida conferma ci è data non solo dalle iscrizioni, nelle quali il capo della zecca imperiale è detto exactor auri argenti aeris2) ma più ancora dalla Numismatica stessa, a mio credere. Le numerose monete di bronzo riconiate dagli Augusti in memoria dei loro predecessori, dette monete di restituzione, portano sempre impresso sul rovescio il nome di colui il quale restituit, e similmente le contromarche ci ricordano il nome dell’imperatore che le fece segnare; il che dimostra che questi disponeva della coniazione del bronzo e che il Senato era ad essa preposto solo in quanto ne era stato da lui incaricato.

Nell’anno 739 (15 a. C.) fu ripresa in Roma la coniazione del bronzo che al tempo di Siila era stata soppressa. Furono coniati l’asse, il dupondio, il sesterzio, equivalente a quattro assi e del peso di

  1. Mommsen, Histoire de la monnaie romaine, t. III, p. 9.
  2. Grut., p. 74, I; p. 1066, 5; p, 1070, I.