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366 | luigi rizzoli |
È ben naturale adunque che Venezia, dopo la conquista della nostra città, ne abolisse le monete, che vi erano in circolazione e vi introducesse le proprie. Ma sia durante il principato di Michele Steno (1400-1413), sia durante quello di Tomaso Mocenigo (1414-1423) non ci è dato trovare documenti attestanti la sostituzione delle monete Padovane con quelle Veneziane, nè riferentisi alla coniazione di tipi speciali di monete per la nuova provincia soggetta.
Dinanzi ad una mancanza di documenti sì dannosa per il nostro studio, non possiamo fare a meno di ritenere che Venezia, forse troppo intenta nel riordinare l’amministrazione della nostra città, nella quale, ed è bene il notarlo, scorgiamo fin d’ora rispecchiate molte di quelle magistrature, caratteristiche della città dominatrice, non abbia pensato a regolarne con speciali ducali anche la circolazione monetaria.
Sotto il doge Francesco Foscari (1423-1457) con un decreto del senato in data 24 maggio 1442 si dà ordine ai massari dell’argento di mandare a Padova, Treviso ed in altri luoghi della terraferma, nonchè nel Friuli delle monete dette bagattini, fatti colla stessa lega determinata precedentemente e si stabiHsce il minimo di tali piccole monete (parvuli), che deve essere dato in pagamento per ogni ducato dal rettore delle provincie1. Questo documento è il primo che, assieme a quello d’altre terre, ci presenta il nome di Padova.
Il Lazari, nella sua opera sulle monete veneziane, credette erroneamente che il bagattino testè ricordato, fosse quello che da un lato porta la croce a braccia eguali, accantonata dalle quattro lettere F F D V e dall’altra il leone accosciato, che tiene il vangelo tra
- ↑ Documento II.