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la roma sotterranea cristiana 43

fizi (inferiae, profusiones) e costumavano tener dinanzi al sepolcro sempre accesa una lampada (lucerna quotidiana).

Svolte pertanto queste funerarie costumanze pagane, ne istituisce il confronto con le exedrae cristiane, che torna a esaminare più minutamente, e ne dimostra con tanta evidenza l’analogia somma tra loro, che bisogna con lui stesso concludere che «i primitivi fedeli, volgendo a loro pro i diritti e gli usi allora comuni, costruirono le essedre e le celle tricore e di altre forme per le loro sacre agapi ec.» e funebri riti, i quali erano, e nel modo e nel senso di esse, ben diversi da que’ dei pagani.

Che nei cimiteri, e sopra e sotto terra, fossero luoghi ove i primitivi fedeli solevano convenire alla celebrazione dei santi misteri, è noto a ognuno che per poco conosca gli antichi fasti della Chiesa; ma che cotal uso risalisse ai tempi apostolici, non fu mai apertamente dimostrato, siccome fa oggi, in questo volume, il chiarissimo de Rossi. Prova infatti (cap. XIII) che se nei cimiteri si adunavano talvolta i cristiani a celebrarvi le loro liturgiche sinassi, fu perchè il luogo, destinato per esse (le domestiche chiese dette in Roma titoli), non era sempre sicuro dallo spionaggio dei persecutori: mentre di legge ordinaria non servivano i cimiteri che a radunarvisi per rendere l’ultimo tributo d’affetto e di pietà ai loro estinti. E questo punto di liturgica istoria della primitiva Chiesa è creduto (e giustamente) dall’Autore di tanta importanza, che non lascia di esaminarlo e meglio dichiararlo.

Distingue, in grazia di chiarezza, le sacre sinassi che i perseguitati cristiani celebravano in qualunque luogo loro si offrisse opportuno, dalle sinassi celebrate regolarmente in luoghi a ciò spezialmente destinati.

Quanto alle prime, prova sino all’ultima evidenza, con la istoria e gli atti dei martiri e l’autorità di Dionisio l’Alessandrino, che, mentre infieriva la persecuzione, qualsivoglia luogo, campo, solitudine, nave, stalla, carcere, servì di tempio alle sacre adunanze de’ perseguitati cristiani. Ma peraltro amavano più particolarmente adunarsi nella oscurità delle caverne, nelle cripte sepolcrali, e in qualunqu’altro nascondiglio che fosse: e in fatti, non si eran’essi per questo tirato addosso lo spregevole titolo di latebrosa et lucifugax natio?1 E a tal croce eran messi dall’implacabile odio imperiale, e massime dei pagani, i quali ogni loro passo, atto, convivenza spiavano per deferirli ai tribunali.


  1. V. l’Octavius di Minuzio Felice.